Gigi il magnifico
Un racconto inedito di Evelyne Nicod, con 12 illustrazioni
Sembrava un topo gigante per il colore del mantello, ma il suo incedere elegante,
lo sguardo orgoglioso color topazio, ne facevano un esemplare di classe, un prodigio di banalità
sublimata. Nacque in una cittadina situata al crocevia di molte valli, circondata da alte
montagne e ghiacciai, scenario di grande bellezza naturale.
Era il terzogenito di una cucciolata di quattro gattini, unico grigio in una famiglia di un
bel rosso fiamma. Gran bevitore di latte materno, dimostrò dal primo giorno di possedere uno
spirito indipendente e libero, divorato dalla gioia di vivere e da una curiosità illimitata
(si potrebbe anche dire prepotente e petulante). A tre mesi compiuti, una domenica di giugno,
si introdusse in una macchina ferma in un cortile con il finestrino abbassato. La morbidezza
dei tappetini lo riempì di gioia e si appisolò beato sotto un sedile. Un rumore secco di
portiera lo svegliò di colpo, la macchina si mise in moto, ronzando nelle sue orecchie.
Il cuore gli batteva forte dall'eccitazione, e un pochino per la paura, però rimase nascosto
senza fiatare. Il viaggio sembrò interminabile e soprattutto pieno di curve; si teneva
attaccato al tappeto con le unghiette, le orecchie abbassate, e un senso di oppressione
nel petto. Poi di colpo il rumore smise e la macchina si fermò, la portiera si aprì, Gigi si
gettò fuori tra i piedi del guidatore ignaro, e fuggì in un lampo, accecato dalla luce violenta.
Non c'era una nuvola nel cielo azzurro, quasi indaco, si nascose sotto un cespuglio per
riprendere fiato. Non c'era più ombra di spavento nei suoi occhi, solo meraviglia,
sbalordimento, il cuore gli martellava dal piacere. Era troppo tutto: il sole, l'odore
dell'erba così tenera appena cresciuta; l'altitudine segnava 1600 metri, un laghetto
scintillava davanti alla grande baita dell'alpeggio. Decine di mucche pascolavano,
sorvegliate ...
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